Come lungo un filo conduttore che si dipana alla volta di una finalità concreta e misurabile il viaggio dell’appartenenza si traduce in partecipazione e valore aggiunto attestando e confermando un’intenzione e potenziandosi soltanto attraverso l’autodeterminazione.
Se l’intenzione è “Orientamento della coscienza verso il compimento di un’azione, che può indicare semplicemente il proposito e il desiderio di raggiungere il fine, senza una volontà chiaramente determinata e senza la corrispondente deliberazione di operare per conseguirlo” l’autodeterminazione interviene quando l’uomo afferma quella volontà di determinazione secondo la propria legge, indipendentemente da cause che non sono in suo potere.
#teatropiccolo/autodeterminazione
Non possiamo scegliere cosa ci capita, possiamo invece scegliere cosa fare con quel che ci capita. Sartre nel suo pamphlet “L’esistenzialismo è un umanesimo”, scritto nel 1946, sostiene:
Siamo ciò che facciamo, ed il viaggio sono i viaggiatori, come ci fa eco Pessoa.
Se per viaggio intendiamo quello imprevedibile della vita molto spesso ci rendiamo conto che la vera libertà sta nella perdita di controllo su tutto ciò che non dipende direttamente da noi e nell’assunzione di responsabilità di ciò che ci prendiamo per noi di questa imprevedibilità.
Quanto più ci autorizziamo ad essere quello che siamo e ad autorealizzare la nostra natura, anziché la concezione di come dovremmo essere, tanto più possiamo stare nell’attimo presente e fluire verso un cambiamento naturale, dapprima come sé autonomi, poi come comunità che ha il coraggio e la creatività di poter fare la differenza.
#teatropiccolo/unpaesecivuole
Mi colpisce la figura di Franco Arminio, che ha delineato la scienza-arte sulla paesologia come la predisposizione a:
“scrivere col corpo dei luoghi in cui si vive o dei luoghi che si attraversano. Una forma di attenzione in cui l’osservazione del mondo esterno e quella del mondo interno s’intrecciano continuamente. Un’attenzione inquieta, in cui l’osservazione di qualcosa diventa osservazione di qualcos’altro. Alla fine non è il paese che mi interessa, ma quel paese un poco più grande che chiamiamo mondo. Mi interessa la contemplazione di quello che c’è. Mi piacciono le persone che mettono la percezione davanti alla discussione. Nutrirsi di immagini più che di opinioni, nutrirsi di dettagli più che di astrazioni.”
Ogni paese ha in sé un pullulare di vita e di silenzi, brainstorming indefiniti di tentativi, ripensamenti e suggestioni di massa, spinte innovatrici che conquistano i più attivi e dilagano poi in maniera contagiosa fra tutti, diventando la specificità che fa la differenza.
Come è tangibile a Monte Castello di Vibio anche in questa settimana, dal 21 al 27 luglio: questo borgo, fra i Più belli d’Italia e appartenente anche al circuito Città Slow, si sta animando di degustazioni e concertini, all’aperto nelle piazze, in Chiesa, al Teatro della Concordia. Si tratta degli allievi musicisti, provenienti da ogni parte del mondo, di un Masterclass giunto al suo terzo anno consecutivo e rivolto a strumenti ad arco, la cui principale docente è la violinista Elizabeth Wallfisch, eminente solista di violino barocco e nome di livello mondiale.
Attraversare le viuzze avvolti da queste melodie è rigenerante e alienante, come se davvero tutti avessimo bisogno di ricondurci all’idea ancestrale di paese, scrive Cesare Pavese:
“Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via”.
Come la base sicura da cui spiccare il volo e poi tornare anche soltanto col pensiero, rigenerando ed autodeterminando il proprio divenire.
“Per un attimo dimentico di essere a Illmitz e ricerco, smarrito, la via di casa. Forse, soggiornandovi a lungo, ogni paese finisce per rassomigliare all’altro: ognuno racchiude in sé un certo numero di caratteri umani; e i caratteri umani, in fondo, non sono poi molti. Passando davanti a un gruppo di anziani che discute del tempo, penso che i paesi sono come dei piccoli zoo; come un animale in cattività, ognuno di noi nasce con un destino e lo compie sommessamente, con piccole gioie e con dolori. Ognuno sa ciò che è e ciò che dovrà essere. Non è il mito del buon selvaggio: piuttosto l’idea che, come in un gioco a incastro, ciascuno riempie la sua casella che combacia con quella vicina dell’altro.
In città è diverso: ciascuno crede di poter essere differente da ciò che è, ciascuno aspira a qualcosa di più grande, senza comprendere quale grandezza sia invece il vivere ogni giorno.”
[Susanna Tamaro, Illmitz]
Una laurea con lode in economia e gestione dei servizi turistici e la vocazione per la comunicazione a 360°: dal marketing territoriale e culturale alle dinamiche internazionali di corporate governance e marketing strategico, disaminate con una permanenza ed una tesi specialistica all'Università svedese di Kristianstad, fino agli approfondimenti in comunicazione digitale al Sole 24 Ore. Gestalt counselor certificata REICO e Storyteller per vocazione.
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